La sindrome metabolica, o sindrome di Reaven (dal nome del medico americano che per primo ne definì con una certa precisione eziologia e sintomatologia), indica una serie di alterazioni del nostro organismo che in combinazione fra loro aumentano notevolmente il rischio di malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e l’incidenza di tumori.
Da anni, le più grandi organizzazioni sanitarie mondiali (OMS, NCEP, IDF, etc) concordano nell’indicare la sindrome metabolica come: l’aumento di circonferenza del girovita, l’aumento dei trigliceridi, la bassa concentrazione di HDL (il famoso colesterolo “buono”), l’elevata glicemia e la pressione arteriosa alta.
Le più recenti linee guida considerano sindrome metabolica già la presenza di almeno due di questi fattori. In Italia oltre il 25% della popolazione sopra i 35 anni d’età ne soffre ed oltre il 35% sopra i 50 anni. Talvolta anche individui longilinei, ed apparentemente in buona salute, possono scoprire, in maniera anche violenta, di soffrirne.
Cause della sindrome metabolica
I meccanismi di comparsa di questa vera e propria malattia sono complessi, molteplici e non sempre ben chiari. Ad influenzare queste cause troviamo infatti: condizioni ambientali, stile di vita, età, sesso, ceto socio-economico, etnia, predisposizione genetica, ecc.
Ma vediamo quali sono queste cause principali:
- Obesità viscerale
- Iperglicemia
- Iperinsulinemia
- Insulino-resistenza
- Dislipidemia
- Insufficienza renale
- Ipertensione
- Anomalie dei tessuti vascolari
- Infiammazione cronica diffusa
Anche se i fattori scatenanti sono molteplici ed i sintomi altrettanto, la sindrome metabolica viene sempre considerata uno stato infiammatorio cronico conseguente all’interazione di diversi fattori.
Analizziamo ora le più diffuse fra queste cause.
Obesità viscerale
L’obesità viscerale è sicuramente una delle cause principali della sindrome metabolica e causa di molte altre patologie. Con obesità viscerale si intende un accumulo di grassi localizzati nella zona addominale del corpo, il nome è dovuto al fatto che non si tratta di grasso sottocutaneo ma di grasso periviscerale (più in profondità). Numerosi studi evidenziano come l’adipe viscerale rappresenti un fattore di rischio, per le malattie cardiovascolari, ben maggiore del normale adipe sottocutaneo (e sappiamo quanto già questo sia pericoloso).
La concomitanza di scarsa attività fisica ed eccessiva assunzione di calorie sono i due fattori che fin dalla giovane età favoriscono la formazione di questo dannoso tessuto adiposo.
Cosa comporta l’accumulo di grasso viscerale?
Dopo una descrizione generica dei tessuti adiposi, osserviamo alcuni meccanismi più da vicino.
Il tessuto adiposo è composto da adipociti, pre-adipociti, cellule immunitarie e cellule endoteliali. Un’eccessiva assunzione calorica ingrossa eccessivamente gli adipociti che una volta raggiunte le loro dimensioni limite avranno difficoltà nello svolgere le loro funzioni di regolazione dei lipidi e creeranno un fenomeno chiamato “iperplasia del tessuto adiposo”. Le cellule adipose possono infatti aumentare di volume entro certi limiti, oltre questo limite attireranno nuovi pre-adipociti che a loro volta diventeranno adipociti pronti a crescere e ad innescare una reazione a catena.
Un eccessivo aumento di volume delle cellule adipose comporta anche ipossia dei tessuti, un reale soffocamento dovuto alla costrizione dei vasi sanguigni.
Le cellule immunitarie presenti, in risposta a questo “disordine” immetteranno adipochine a livello locale. Le adipochine sono proteine di segnale che generano un’infiammazione a difesa appunto del tessuto danneggiato. L’infiammazione che prima era localizzata, tenderà ad espandersi nell’organismo generando infiammazioni minori ed infiammazioni più serie come:
- Stress Ossidativo
- Ipertensione
- Insulino-resistenza
- Coagulazione del sangue
- Placche dell’endotelio vascolare (con conseguenti aterosclerosi e trombosi)
Questa sovrapproduzione di adipociti crea anche livelli eccessivi di grassi liberi nel sangue, nel fegato e nei muscoli, in conseguenza l’organismo svilupperà insulino-resistenza.
Insulino-resistenza
Proverò ora a dare una spiegazione molto elementare dell’insulino-resistenza, disfunzione sulla quale si potrebbe e si dovrebbe parlare davvero a lungo.
I grassi liberi nel sangue vengono attirati nelle cellule muscolari ed utilizzati come energia. In condizioni normali, le cellule muscolari avrebbero sfruttato anche gli zuccheri nel sangue, grazie ai segnali ed all’azione dell’insulina. Ma se il fabbisogno del tessuto muscolare è già soddisfatto dai grassi, gli zuccheri continueranno ad accumularsi nella circolazione. L’organismo aumenterà quindi la produzione di insulina per “chiedere ai muscoli” di consumare gli zuccheri in eccesso.
Se l’eccesso di grassi non viene arrestato, gli zuccheri inutilizzati continueranno ad accumularsi e la produzione d’insulina sarà sempre maggiore rendendo le cellule muscolari “sorde” ai suoi segnali. Tuttavia le cellule pancreatiche (responsabili della produzione di insulina) hanno una capacità produttiva limitata e si dovrà presto ricorrere al supplemento esterno ed ai farmaci.
L’insulino-resistenza è il primo passo certo verso il diabete!
Dislipidemia
La dislipidemia è un disequilibrio tipicamente associato all’obesità viscerale e si presenta in particolare con 4 valori anomali:
- Aumento di LDL, le lipoproteine aterogeniche (che stimolano la formazione di placche aterosclerotiche).
- Riduzione di HDL, le lipoproteine anti-aterogeniche (che contrastano la formazione di placche aterosclerotiche).
- Aumento della concentrazione plasmatica di VLDL (i temuti trigliceridi!).
- Aumento della concentrazione totale di colesterolo.
Questi 4 disturbi hanno un denominatore comune: l’apolipoproteina B. Il nome può sembrare complesso e senz’altro i processi che genera e da cui si genera non sono da meno. Ci basti pensare però che questo complesso proteico rappresenta la base di LDL e VLDL, alcune delle componenti peggiori che si possano nominare in ambito cardiovascolare.
Sembrerà ripetitivo ma i processi che avvengono all’interno del corpo umano hanno stretti rapporti e creano spesso circoli viziosi difficili da spezzare. L’insulino-resistenza e gli acidi grassi in eccesso nella circolazione stimolano infatti la produzione di apolipoproteina B da parte del fegato. Vediamo quindi come le principali disfunzioni che portano alla sindrome metabolica siano strettamente collegate prima ancora che sfocino in questa malattia.
Altro punto già descritto ma ancora una volta valido: l’aumento di colesterolo e la formazione di placche aterosclerotiche (oltre alla loro pericolosità) stimolano stress ossidativo ed un’ulteriore risposta infiammatoria, già attivata dagli altri processi.
Insufficienza renale cronica
Gli squilibri generati dalla sindrome metabolica possono facilmente compromettere le funzionalità renali. Fra i principali si osservano infiammazione ed insulino-resistenza che creano danni ai podociti ed al microcircolo interno del rene. Il nefrone, danneggiato dai numerosi squilibri, non riuscirà a mantenere la sua funzionalità generando così ipertensione e albuminuria (frequentemente associata a diabete e malattie cardiovascolari).
Come curare la sindrome metabolica?
Iniziare un percorso mirato a contrastare la sindrome di Reaven non è mai troppo tardi. Numerosi studi scientifici dimostrano l’efficacia dell’alimentazione come terapia, secondo molti esperti stile di vita ed alimentazione rappresentano una soluzione ben più efficace dei farmaci nel ridurre il rischio di sviluppare la sindrome metabolica!
L’approccio comprende l’introduzione di attività fisica (almeno 30 minuti al giorno) associata ad un piano dietetico ben studiato.
È stato osservato come la combinazione di questi due fattori, mirata a migliorare il peso e la composizione corporea possa rallentare il processo di questa malattia ed in alcuni casi addirittura farla regredire!
Un calo di peso del 5-10%, molto semplice da raggiungere, rappresenta un primo passo capace di far rientrare molti valori e contrastare l’insorgere di insulino-resistenza e diabete di tipo 2.
Il piano alimentare risulta particolarmente complesso da elaborare. Limitare l’assunzione calorica è solo una piccolissima componente della dieta necessaria.
Una dieta ben equilibrata per la sindrome metabolica dovrà infatti:
- Tener conto delle patologie alla base e considerarle patologie separate.
- Calcolare la quantità di cibo.
- Controllare il timing d’assunzione (come suddividere i pasti nella giornata ed in relazione fra loro).
- Controllare la qualità del cibo.
- Considerare oltre che i macronutrienti (grassi, proteine e carboidrati) anche i micronutrienti (vitamine e sali minerali) e tenere in alta considerazione le loro funzioni biochimiche all’interno dei processi dell’organismo.
Dieta Mediterranea e sindrome metabolica
Numerosi studi dimostrano come la dieta mediterranea riduca significativamente la tendenza al sovrappeso ed in particolare al grasso viscerale (quello sull’addome).
La dieta mediterranea predilige inoltre, da prima che lo riscontrasse la scienza, alimenti che contrastano l’insorgere del diabete ed alimenti che contrastano l’insorgere del colesterolo, è infatti un bene tenerla sempre come riferimento anche in piani alimentari senza finalità curative. Purtroppo oltre che alla diffusione di stili di vita sedentari, di diete senza criterio e di alimenti industriali, si assiste troppo spesso ad un fraintendimento di quest’importante dieta vista unicamente come fonte di carboidrati!
Qualora ci fosse familiarità con le patologie sopra descritte o qualora la sindrome metabolica fosse già presente, iniziare un percorso alimentare rappresenterebbe una scelta quasi obbligata al fine di migliorare e prolungare le proprie aspettative di vita!
Occorre affidarsi ad un professionista già esperto nel trattamento di queste patologie in quanto, più che in altre circostanze, in gioco c’è la propria salute.
Con il giusto approccio ed un piano alimentare personalizzato, scoprirete che iniziare e progredire in questo percorso è molto più semplice di quanto possa sembrare!